
La cultura di massa (o meglio, la “subcultura”) attuale è a livelli sconfortanti, ne è prova l’episodio di cui vado, di seguito a riferire e che riporta la testimonianza di una mia conoscente, che gestisce nella cittadina dove vivo un piccolo negozio-bazar di dischi, che è anche un punto vendita “ticketone”, dove è possibile reperire, fra l’altro, delle “rarità” da collezionista o cultore, come vecchi album e singoli in vinile di artisti ritirati ormai dalla notte dei tempi dalla scena musicale, ma ci si può trovare ammassati anche capi d’abbigliamento alla Cyndi Lauper o ispirati allo stile “punk” e “dark”, per ambo i sessi, con ampia offerta di accessori estrosi da poterci abbinare, premetto che con la signora scambiamo sempre quattro chiacchiere, conosce i miei gusti musicali e i concerti spesso li prenoto da lei, questo il suo incredibile racconto “Qualche giorno fa entra un ragazzo di 17/18 anni per acquistare una ‘t-shirt’ esposta in vetrina, era nera con la scritta ‘Nirvana’ in giallo e mi chiede se si tratta di una nuova marca di vestiario giovanile” mi viene quasi un mancamento, tanto che arrivo al punto di anelare che ci sia una sedia a portata di mano … ma stiamo scherzando?i “Nirvana”, dunque, sarebbero un “brand” sportivo o “casual” alla stregua dei vari “Boxeur des Rues”, “Napapijri”, o, alla mia epoca, “Fruit of the Loom”?non solo la “sparata” è madornale, ma addirittura “sacrilega” e persino blasfema. Quando i miei coetanei e io avevamo più o meno quell’età, in radio si sentivano gli “Spandau Ballet” e i “Dire Straits”, tanto per avere dei riferimenti precisi ai fini della collocazione temporale del periodo, ma bene o male sapevamo chi fossero Bill Haley, Elvis Presley, Tom Jones, magari anche Paul Anka, li ritenevamo superati, tuttavia non ne ignoravamo l’esistenza o il genere musicale di cui erano esponenti, non si creda che fossimo “pozzi di sapienza e nozionismo”, ma generalmente un’infarinatura culturale più pluridirezionale c’era, eccome, dove oggi non si riesce a vedere al di là della propria “isola” circoscritta. Non bisognerebbe mai dimenticare, però, che non ci può essere progresso senza la conoscenza del proprio passato e che spesso si costruisce a partire da una strada già tracciata da chi è venuto prima di noi.
Tanto per rendere giustizia allo scomparso Kurt Cobain (1967-1994), che ne era il “leader” ed è rimasto, nonostante siano trascorsi tanti anni, un’”icona” forse votata all’immortalità (al pari di Janis Joplin e Jim Morrison), vi diciamo sinteticamente chi erano i “Nirvana”. Si tratta di un gruppo costituitosi nella seconda metà degli anni ’80 a Seattle, negli Stati Uniti, il loro genere è il “grunge”, una forma di “rock” con radici estetiche ibride nel “punk rock”, “heavy metal”,
“hard rock”, con un ritorno, nel loro caso, a strumentazioni più semplici, sonorità anni ’60 e ’70 e venature più melodiche, i brani sono spesso autobiografici e impregnati della realtà di profondo disagio giovanile, male di vivere e ansia di ribellione e protesta tipici del nord-ovest americano, cui presta voce, in senso proprio, lo stesso Cobain, con la sua manifesta sofferenza e i rabbiosi ritornelli urlati. Il successo della “band” si traduce in 75 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e un album, “Nevermind”, del 1991, che contiene l’universalmente noto singolo “Smells like Teen Spirit”, a cui i “media” musicali arrivarono a conferire il titolo di “inno di una generazione”.
Proibito, quindi, pronunciare “eresie” come quella incriminata, sarebbe opportuno, inoltre, che anche ai “casting” dove si selezionano i concorrenti destinati ad “Amici”, “XFactor” e “The Voice of Italy” si introducessero “test di ammissione” con quesiti che vertano proprio sulla storia della musica, non si può sentire che una concorrente (non facciamo nomi), anni fa, non sapesse chi fosse David Bowie, oggi si dovrebbe passare alla regola della “tolleranza zero” e per gli impreparati … defenestrazione immediata.
by Fede
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