Day: agosto 12, 2015

Emma si racconta su “Sette” in edicola venerdì 14 agosto.


emmaIn edicola su Sette  Emma Marrone in forma smagliante  si mette a nudo in una intervista, talent, carriera,  privato, passioni, forma fisica  e sogno nel cassetto, ecco cosa racconta:

“La stagione dei talent durerà tantissimo: funzionano, la gente ci va. Io dico che arriverà il momento in cui sostituiranno le case discografiche”. Racconta che sta imparando a suonare il pianoforte e svela la sua passione per la filosofia: “Il mio preferito era Schopenhauer, con il suo modo malinconico ma anche razionale di vedere la vita. Ogni tanto me lo vado anche a rileggere”. Sulla sua vita privata e sulla sua storia d’amore con Fabio Borriello, taglia corto: “Ora basta con il gossip, anche la gente si è stancata di sentire le stesse storie su di me”.

E a proposito della sua forma fisica su cui il gossip spesso indugia in questa “bollente estate” dice: “Ma che, non posso mettere un bikini? Certo, non sono una fotomodella, e d’estate sono meno in forma rispetto all’inverno, quando faccio tre tour all’anno e sono a dieta. Mi rilasso, mi piace il bicchiere di vino bianco, l’aperitivo con l’amico… Se anche scrivono che sono un po’ più cicciottella non me ne frega niente. Fortunatamente ho altri obiettivi nella vita”. Infine svela il suo sogno. Dopo  duetti illustri, da Pino Daniele a Loredana Berté, da Laura Pausini a Rufus Wainwright, dice: “Adesso ci starebbe bene Vasco”.

11 dischi di platino, tutti i tour sold-out, il nuovo singolo Occhi profondi  in poco più di un mese ha superato sette milioni di visualizzazioni.

by Ponyo

Mika in una toccante lettera al Corriere della Sera spiega i motivi che l’hanno spinto a reagire agli insulti:


mika

Questo il testo:

“Quando ho visto su Instagram la foto del poster di Firenze, con la mia faccia imbrattata mi sono sentito triste, umiliato. Il primo istinto è stato: non dire niente a nessuno, non replicare, non muovermi. Sono in tour, posso girarmi dall’altra parte, esibirmi e stare bene. Spingere lontano gli insulti.

Ma  i fan hanno iniziato a parlarne, gli amici a scrivermi messaggi. E mi sono reso conto che la mia prima reazione era ancora quella di un tempo, quella di una persona molto giovane che si sentiva impotente. A scuola ero così, inerme. Se allora avessi risposto mi avrebbero picchiato e non avrei ottenuto altro che tornare a casa con un livido in faccia. So che cos’è il bullismo, mi venivano addosso. Per razzismo, per il fatto che mia madre era grassa o perché in quel periodo avevamo problemi di soldi. Soprattutto, l’80 per cento delle volte, per la mia sessualità. Prima ancora che io fossi consapevole della mia sessualità.

Quando da bambino ti attaccano pensi che non puoi reagire, perché se reagisci quelle cose diventano ancora più grandi — una montagna. Da piccolo la mia rivalsa è sempre stata lenta, riflessa, diluita nel tempo. Cercavo di spostare lo sguardo dalla mia condizione, mi concentravo sul futuro.

Messo di fronte a quel poster mi sono sentito di nuovo come quel ragazzo. E la mia risposta istintiva è stata leccarmi le ferite, chiudere gli occhi, proiettarmi in avanti. È un riflesso automatico, lo stesso che prende la maggior parte delle persone che sono state vittime dei bulli: girati, tieniti dentro tutto.

Poi ho capito. È una delle poche volte nella mia vita in cui sono stato costretto a scegliere il confronto diretto su bullismo e omofobia, mi sono reso conto di quanto le cose siano cambiate, di quanto io sia cambiato.È stato per la reazione delle persone sui social network, per i miei amici e, devo ammettere, per i miei compagni di lavoro. Alcuni tra loro sono gay e sono rimasti feriti, perché sono legati a quello che faccio tutti i giorni: si sono sentiti come se fossero stati insultati in prima persona.

Mi sono reso conto che c’era sì la mia risposta automatica, per via di quello che ho subito e i vecchi meccanismi di difesa, ma che adesso io sono in una posizione di privilegio: sono in tour, sono libero e sono circondato da persone libere, ho il mio mondo per fare quello in cui credo e suscitare tolleranza attraverso la musica, i miei concerti. È un lusso, enorme.

Rifiutando di riconoscere gli insulti, avrei commesso un errore: avrei dimenticato il tredicenne che sono stato e avrei fatto male alle persone che non hanno quel lusso e quel privilegio. Io posso salire sul palco. Ma quando sei implume e quella parola ti riguarda, se vedi quel manifesto ma non trovi una risposta che ti faccia da scudo, allora per te significa che ti hanno abbandonato. Perdi le speranze e ti ritrovi ancora più debole. Non potevo permetterlo, proprio per le cose che sono cambiate nella mia vita: avrei lasciato solo me stesso e un sacco di altre persone. Non importa se hai 14 o 64 anni, quando vedi una cosa del genere la reazione è la stessa, perché ti tocca.

È il motivo per il quale ho deciso di mettere quell’immagine come foto del mio profilo su Twitter e Instagram. Era esattamente quello che mi avrebbe spaventato a 13 anni. Allora non avrei avuto il coraggio, non potevo averlo.Ho fatto l’opposto di quanto avrei fatto a scuola.

Per tutta la vita mi hanno chiamato così: io usavo quegli insulti, li trasformavo in musica, li mettevo nei miei disegni. Per la prima volta, sabato scorso, mi sono detto: perché non tirarli fuori e farne una bandiera da tenere alta sopra le teste di quelli che scrivono, che pensano così. Era la grandezza di Oscar Wilde: prendeva le ipocrisie e le buttava in faccia alla gente, a volte non c’è nulla di più appropriato dei gesti inappropriati! Per questo Wilde è uno dei miei Good Guys.

Avrei potuto scrivere cinquemila parole, mandarli a quel Paese, dire che non sarei mai tornato a Firenze (ma non per come sono io: io amo Firenze!), buttar giù uno sfogo paragonando l’omofobia al sessismo e al maschilismo. Ma con quella «dichiarazione visiva», con quel graffito diventato bandiera, ho fatto tutto questo senza essere violento o aggressivo, senza perdermi in prediche. Ed è stato bello vedere come un’immagine possa rivelarsi potente. Anche per mia mamma. Non ha detto molto, ma si è specchiata in questo episodio, perché da ragazza ha attraversato un periodo difficile. Lei non è mai stata risarcita per quello che ha passato: questa è stata una specie di compensazione ed è arrivata attraverso uno dei suoi figli. Mi ha guardato, ha stretto gli occhi, mi ha sorriso come qualcuno che finalmente trova pace.

La cosa più complicata adesso è capire come andare oltre quell’immagine, proprio per la sua forza. Un gruppo di persone ha voluto replicare il mio gesto: ha preso quella scritta, ci ha messo sotto la sua foto, ha aggiunto lo slogan «ti rompo il silenzio». Facebook ha bloccato i loro profili per 30 ore: è la dimostrazione di quanto quel termine sia ancora sensibile, duro. E dunque: se ti offendono, è giusto trasformare un insulto — che un insulto resta — in una bandiera? Sì, finché questo provoca una discussione costruttiva, finché aiuta le persone a riflettere su come un epiteto malpensato e superficiale possa far sentire gli altri. Ma quella parola è comunque una ferita. È ancora molto forte, ha un sacco di implicazioni negative e può fare male. Non accettiamola come una parola normale. Ma non facciamo più finta che non esista: sarebbe molto più pericoloso.

Mika

Eros Ramazzotti difende la figlia Aurora: “…Dobbiamo metterci in testa che la vita oggi va così».


aurora-kuSH-U10608106737915aG-700x394@LaStampa.itA quanto pare la notizia che Aurora Ramazzotti condurrà il day time di XFactor9 a molti non è andata giù e il web è insorto al grido di  “raccomandata”. Ebbene anche ad Eros Ramazzotti questo grido non va  giù e lui, notoriamente schivo e riservato  è accorso in difesa della figlia e con queste parole garbate ma ferme e severe puntualizza:« Cari ragazzi/e, i genitori di Aurora, oltre ad aver fatto la gavetta avendo ottenuto calci nel culo e porte in faccia da quasi tutti, oggi, con la grinta e il talento che mi/ci distingueva dalla massa, fanno lavorare migliaia e migliaia di persone in quasi tutto il mondo. Sentire la becera gente attaccare Aurora Ramazzotti come quella “raccomandata” e paragonarla al nepotismo schifoso di una societa marcia come la nostra, mi VIENE LETTERALMENTE DA RIDERE. Noi ci siamo fatti il mazzo per arrivare dove siamo e non abbiamo rubato, ripeto “RUBATO” nulla a nessuna e tantomeno “UCCISO”. Eravamo UMILI, e UMILI RESTEREMO e non sarà un applauso in più a cambiare la nostra visione della vita. Smettetela di nascondervi dietro un falso nome a sparare sentenze anche moooolto offensive nei confronti di chi ha piu possibilità e che verosimilmente ve le dimostrerà alla grande,sbugiardandovi alla prima occasione. Quando questo sistema in Italia andrà a morire penso si vivrà tutti meglio, chi con più, chi con meno, questa sarà la vita, e questo dovremo accettare, TUTTI, senza INVIDIA. Ps: e fatevela na risata Ps: Aurora è stata presa da professionisti che ogni giorno selezionano migliaia di persone non certamente TUTTE con anni di gavetta alle spalle o con diplomi vari… Dobbiamo metterci in testa che la vita oggi va così».

Il messaggio di Ramazzotti è un pò il succo di quello pensiamo anche noi in termine generali.  Infatti diciamo subito che non è certo colpa di Aurora Ramazzotti se la questione è che in Italia le risorse familiari, nel senso più vasto del termine, sono la (quasi) unica maniera per avere l’opportunità di far valere i propri meriti e ci pare lapalissiano che se si è nati in una famiglia agiata, ben “inserita”, in alto nella gerarchia sociale anche se di un determinato ambito è assai probabile che i figli, una volta adulti – a prescindere da meriti e valore – saranno a loro volta “ben inseriti” in quel determinato ambito. Se viceversa la provenienza è da una famiglia di ceto medio basso e lontana dai “giri giusti”, con frequentazioni di pari livello, è ovvio che salire la scala sociale sarà più faticoso, ma di questo non si può colpevolizzare nessuno, men che meno chi nasce fortunato, che ha solo eventualmente l’onere di dimostrare di essere all’altezza del buon nome che porta,  ma se  proprio si vuole attribuire colpe a qualcuno o qualcosa  delle disparità sociali che di fatto esistono diamole pure alla nostra società costruita sul modello di un Paese di caste e corporazioni, di cui alla fine però siamo tutti responsabili.

Ad Aurora Ramazzotti che esordirà in tv su Sky a partire da settembre con la audizioni dei concorrenti, gli auguri di Alessandro Cattelan – che fino alla scorsa edizione ha guidato anche il day time e che da quest’anno si dedicherà unicamente al prime time, che per l’edizione 2015 sarà composto di ben 14 appuntamenti: 6 dedicati alle Selezioni e 8 serate live di gara –  «Faccio un grande in bocca al lupo ad Aurora, una ragazza brillante e sicura di sé che non mancherà di portare un punto di vista innovativo nel racconto dei ragazzi».

MONSTERS OF ROCK: DISCESA ALL’INFERNO CON I “BLACK SABBATH”


Black-Sabbath-image-black-sabbath-36173844-460-276Quest’estate è considerata dagli esperti una delle più torride degli ultimi 30 anni, con temperature pressoché “infernali” e allora, visto che siamo in tema, cosa c’è di meglio che godersi una lettura incentrata su una delle “band” più “sulfuree” di tutti i tempi? Destinata a chi li conosce già e ai più giovani, che magari non hanno le idee chiare in merito.

Giganti dell’“heavy metal”, costituitisi nel lontano 1968 a Birmingham (G.B.), qualcuno li ritiene addirittura la più grande “band” di quel genere di sempre, forti dei loro ben 100 milioni di dischi venduti complessivamente in tutto il mondo, devono il loro nome a un regista italiano, Mario Bava, precursore di Dario Argento nelle pellicole “horror”, autore de “I tre volti della paura”, che nella versione inglese si intitolava “Black Sabbath” e per i componenti del gruppo dev’essere stato come per un “figlio d’ignoti” ritrovare di colpo i genitori, le origini e l’identità, sta di fatto che ritennero calzasse a pennello per rappresentarli. La loro originalità, rispetto al “rock” coevo, è nel “sound” nuovo, dai toni cupi, tenebrosi, massicci, dalle sonorità pesanti e oscure, con espliciti riferimenti, nei testi, al demonio e all’occulto, tanto da attirare su di sé aspre critiche, accuse di satanismo e la condanna dell’opinione pubblica, esercitando, invece, dall’altro lato, notevole fascino e “presa” sul pubblico giovanile. Innovazione rilevante, oltre all’immagine “black”, anche l’uso di chitarre “distorte”, accordate in “do diesis”, un tono e mezzo più basse di quelle tradizionali, alla ricerca di suoni gravi e anche in “re diesis” e della cosiddetta “triade del diavolo”, un intervallo musicale fortemente dissonante, conosciuto (e vietato) fin dal Medioevo poiché secondo la chiesa di secoli addietro capace addirittura di evocare il demonio. Il loro maggior successo commerciale rimane l’album “Paranoid” (1970), con 12 dischi di platino, che balzò al numero uno della classifica britannica, ben accolto anche “Sabbath bloody sabbath” (1973) dopodiché i componenti del gruppo attraverseranno, a vario titolo, un lungo periodo di crisi personale dovuto alla dipendenza dalle droghe e dall’alcool, culminato nel 1979 con l’abbandono della formazione da parte del “leader” carismatico, Ozzy Osbourne, intenzionato a intraprendere la carriera di solista, ci sarà, con lui, in seguito, una clamorosa “reunion” che sfocerà in una serie di esibizioni comuni nel 1999, mentre nel 2013 i “Black Sabbath”, tuttora vivi e vegeti musicalmente, sono usciti con l’album “Live Gathered in their Masses”.

Osbourne rimane il simbolo del quartetto ed è ricordato soprattutto per i suoi atteggiamenti trasgressivi, per i messaggi subliminali a carattere satanico di qualche brano, per gli eccessi, l’intervento di plastica facciale a cui si è sottoposto per cancellare i segni dell’invecchiamento (l’effetto è spaventevole!) e i vari soprannomi, tra cui “The Oz” e “The Prince of Darkness” (trad. “Il Principe delle Tenebre); molte sono le leggende metropolitane (roba da “Nuovi Mostri”!) che circolano sul suo conto, per esempio che nel 1982, nel Texas, abbia scambiato il muro di un monumento storico come “Fort Alamo” … per un “vespasiano”, abbia staccato di netto, nel bel mezzo di un concerto, la testa con un morso a un pipistrello lanciato da qualcuno sul palco e abbia preso a fucilate i suoi gatti, uccidendone gran parte, “It’s a joke!” (trad. “E’uno scherzo/barzelletta”) direbbero gli inglesi, già, ma … fino a che punto?

by Fede

VALERIO SCANU UN’ ESTATE ALL’INSEGNA DEL #VSLIVE2015 ARRIVATO IERI A GIULIANOVA


giulianovaAppena ieri a Giulianova  la decima tappa del  tour live estivo per le piazze d’Italia  di Valerio Scanu  e come a San Cataldo di Bella, Montefusco, Cosenza, La Maddalena e andando a ritroso  fino ad arrivare alla prima tappa di Pratola Peligna che ha dato il via al tour il 30 di maggio, è stato un crescendo di pubblico perchè solo all’annuncio di un concerto di Valerio Scanu, oggi, nell’immaginario collettivo si prospetta un evento imperdibile e anche la piazza apparentemente più piccola si trasforma in “grandissima” , un tripudio di gente, di selfie, panoramiche, video, tutti rivolti verso il palco dove tra l’effetto psichedelico dell’incrociarsi dei  fasci di luce luminosi si staglia la figura di Valerio Scanu interprete dalla voce densa di sfumature emozionali che ogni volta “segnano” lo spettatore. ll tour continua, annuncia costante al termine del concerto la pagina ufficiale del cantante che nel dare seguito ad una agenda fitta di impegni, prima dell’undicesima tappa del #VSLIVE2015 a Nicotera (VV) il 15 agosto, vedrà la partecipazione del cantante al Festival Show 2015, la più importante e popolare manifestazione canora del triveneto: il 13 agosto a Jesolo e il 20 di agosto a Lignano Sabbiadoro e poi… ancora tour: il 22 a Piazza Parrocchiale – Villa San Pio X (Ascoli Piceno) e il 31 a Piazza Umberto I – Camposano (Napoli) a concludere il mese di agosto.