
Poi il Tour live continua… www.bit.ly/VSagenda
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Spotify, la popolare piattaforma per ascoltare la musica in streaming con oltre 75 milioni di utenti attivi cambia le regole sulla privacy. La nuova policy di Spotify permette all’app di “raccogliere informazioni memorizzate sul dispositivo mobile, come contatti, foto o file multimediali. A seconda del dispositivo possiamo anche raccogliere dati sulla posizione con il GPS o altre forme di localizzazione disponibili”.
La novità è stata annunciata solo da poche ore ma già ha generato il malcontento tra la sua utenza e ha scatenato non poche polemiche sui limiti sempre più labili che il concetto di privacy oggigiorno assume, considerato che se è pur vero che l’accesso alle informazioni è previo consenso dell’utente è ugualmente vero che all’utente vengono date solo due possibilità: o accettare le nuove condizioni oppure rinunciare ad utilizzare il servizio. E, scelta la prima ipotesi, l’utente potrà solo evitare di condividere le proprie informazioni con terze parti (impostazione che resta accessibile nel profilo utente).
Ma insomma non basta a Spotify (al pari di altri servizi web-oriented) di essere già abbastanza invasivo nel fare già incetta di una quantità impressionante di dati prelevati direttamente dagli smartphone degli utenti, tra i quali versione del sistema operativo, indirizzo IP, mezzo di connessione (Wi-Fi, 3G o LTE) e numero di carta di credito di chi sottoscrive un abbonamento?
Le reazioni ovviamente non si sono fatte attendere perfino uno dei creatori del videogioco Minecraft, Markus Persson, invita Spotify a ripensarci e nel frattempo ha cancellato il suo profilo dalla piattaforma. Di fatto non trova ragionevole giustificazione la nuova “policy” a che servono i contatti personali, le foto e i video a un servizio che fornisce musica in streaming? L’amministratore delegato di Spotify, Daniel Ek, cerca di mettere una pezza. «Avremmo dovuto comunicare meglio le nuove regole – si scusa in un post ufficiale – Vi chiediamo il permesso di accedere ad alcune informazioni che useremo solo per personalizzare la vostra esperienza su Spotify». Ma c’è da chiedersi: è indispensabile un tale livello di intrusione così morbosa nella privacy dell’utente per una funzione se vogliamo banale come cambiare l’immagine delle playlist e del profilo?
A ben vedere, al di là delle scuse dell’Amministratore delegato, le opzioni di scelta offerte all’utente da Spotify, parlano chiaro: «Se non sei d’accordo, non usare il servizio»… e molti lo stanno facendo infatti…
E intanto secondo un sondaggio di MusicWatch condotto in Usa pochi giorni fa, quasi la metà degli utenti ha già smesso di usare il servizio di Cupertino lanciato il 30 giugno scorso e al momento ancora in fase di prova gratuita.
Chissà la mossa falsa di Spotify non dia lo “sprint” giusto al nuovo concorrente Apple Music che al momento pare stenti a decollare…
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