Quest’estate è considerata dagli esperti una delle più torride degli ultimi 30 anni, con temperature pressoché “infernali” e allora, visto che siamo in tema, cosa c’è di meglio che godersi una lettura incentrata su una delle “band” più “sulfuree” di tutti i tempi? Destinata a chi li conosce già e ai più giovani, che magari non hanno le idee chiare in merito.
Giganti dell’“heavy metal”, costituitisi nel lontano 1968 a Birmingham (G.B.), qualcuno li ritiene addirittura la più grande “band” di quel genere di sempre, forti dei loro ben 100 milioni di dischi venduti complessivamente in tutto il mondo, devono il loro nome a un regista italiano, Mario Bava, precursore di Dario Argento nelle pellicole “horror”, autore de “I tre volti della paura”, che nella versione inglese si intitolava “Black Sabbath” e per i componenti del gruppo dev’essere stato come per un “figlio d’ignoti” ritrovare di colpo i genitori, le origini e l’identità, sta di fatto che ritennero calzasse a pennello per rappresentarli. La loro originalità, rispetto al “rock” coevo, è nel “sound” nuovo, dai toni cupi, tenebrosi, massicci, dalle sonorità pesanti e oscure, con espliciti riferimenti, nei testi, al demonio e all’occulto, tanto da attirare su di sé aspre critiche, accuse di satanismo e la condanna dell’opinione pubblica, esercitando, invece, dall’altro lato, notevole fascino e “presa” sul pubblico giovanile. Innovazione rilevante, oltre all’immagine “black”, anche l’uso di chitarre “distorte”, accordate in “do diesis”, un tono e mezzo più basse di quelle tradizionali, alla ricerca di suoni gravi e anche in “re diesis” e della cosiddetta “triade del diavolo”, un intervallo musicale fortemente dissonante, conosciuto (e vietato) fin dal Medioevo poiché secondo la chiesa di secoli addietro capace addirittura di evocare il demonio. Il loro maggior successo commerciale rimane l’album “Paranoid” (1970), con 12 dischi di platino, che balzò al numero uno della classifica britannica, ben accolto anche “Sabbath bloody sabbath” (1973) dopodiché i componenti del gruppo attraverseranno, a vario titolo, un lungo periodo di crisi personale dovuto alla dipendenza dalle droghe e dall’alcool, culminato nel 1979 con l’abbandono della formazione da parte del “leader” carismatico, Ozzy Osbourne, intenzionato a intraprendere la carriera di solista, ci sarà, con lui, in seguito, una clamorosa “reunion” che sfocerà in una serie di esibizioni comuni nel 1999, mentre nel 2013 i “Black Sabbath”, tuttora vivi e vegeti musicalmente, sono usciti con l’album “Live Gathered in their Masses”.
Osbourne rimane il simbolo del quartetto ed è ricordato soprattutto per i suoi atteggiamenti trasgressivi, per i messaggi subliminali a carattere satanico di qualche brano, per gli eccessi, l’intervento di plastica facciale a cui si è sottoposto per cancellare i segni dell’invecchiamento (l’effetto è spaventevole!) e i vari soprannomi, tra cui “The Oz” e “The Prince of Darkness” (trad. “Il Principe delle Tenebre); molte sono le leggende metropolitane (roba da “Nuovi Mostri”!) che circolano sul suo conto, per esempio che nel 1982, nel Texas, abbia scambiato il muro di un monumento storico come “Fort Alamo” … per un “vespasiano”, abbia staccato di netto, nel bel mezzo di un concerto, la testa con un morso a un pipistrello lanciato da qualcuno sul palco e abbia preso a fucilate i suoi gatti, uccidendone gran parte, “It’s a joke!” (trad. “E’uno scherzo/barzelletta”) direbbero gli inglesi, già, ma … fino a che punto?
by Fede